Questa misura del “principio di equivalenza”, il pilastro su cui poggia la teoria della relatività generale di Einstein (1915), è cento volte più precisa di quella precedente, già estremamente accurata (una parte su un milione di miliardi) ottenuta dai dati preliminari.
Le masse in caduta libera confrontate sul satellite “Microscope” erano di platino e di titanio e la misura per accertare una eventuale differenza nella loro accelerazione si basava sulle forze elettrostatiche. La bilancia a torsione usata dall’ungherese Lorand Eotvos nel 1922 aveva una sensibilità di 5 parti su un miliardo. Le migliori misure di Adelberger (2008), ancora fatte con una bilancia a torsione, si sono fermate a 3 parti su 10 alla 14.
Einstein ha dato due definizioni del principio di equivalenza, una “forte” e una “debole”. La versione forte afferma che, in un campo gravitazionale qualsiasi, è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento, nell’intorno di ogni punto, dove gli effetti dell’accelerazione dovuti al campo gravitazionale sono nulli;
Quella debole asserisce che la massa inerziale, cioè la proprietà intrinseca del corpo materiale di opporsi alle variazioni di moto, e la massa gravitazionale, che rappresenta la proprietà di un corpo di essere sorgente e di subire l’influsso di un campo gravitazionale, sono numericamente uguali.