Dimissioni del pontefice Benedetto XVI. Eccoci testimoni di un evento davvero storico. Una prima assoluta. L’atto di Benedetto XVI non è comparabile con nessun precedente, tanto meno quello di Celestino V. Ognuno rifletterà sul significato di questa decisione, anche alla luce della propria esistenza e coscienza. Da mestierante dell’informazione faccio solo notare un particolare: l’inviata del tg de La 7, citando Dante, a proposito di Celestino V gli ha attribuito “per umiltà il gran rifiuto”. Probabilmente è solo ignoranza del III Canto dell’Inferno, dove – nell’Anti-Inferno, prima di passare l’Acheronte ed entrare nell’Inferno vero – il poeta si imbatte negli ignavi, tra i quali riconosce, appunto, Celestino V. Ma potrebbe essere anche un singolare caso di autocensura, se non di piaggeria. Perché Dante scrive: “vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto” (e non cita esplicitamente Celestino V). Certo nel caso di Benedetto XVI non si può parlare di “viltade” (sia pure nel significato attenuato che probabilmente volle dargli Dante) ma semmai di coraggio. Però, comunque la si giri, questo oggi è il giornalismo, questa la cultura letteraria. Ora tutti si interrogano su un rebus: perché le dimissioni proprio alle ore 20 del 28 febbraio? I cabalisti avranno da lavorare.
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