Un esperimento per lo studio dei neutrini in funzione nel Laboratorio del Gran Sasso sta svelando molti segreti del nostro pianeta.
La Terra è geologicamente viva: ce lo dicono i terremoti, i vulcani, le montagne, le dorsali oceaniche e più in generale la tettonica a placche, il paradigma della geofisica che spiega unitariamente tutti questi fenomeni con il lento moto di una dozzina di “placche” o “zolle” che, come un mosaico, costituiscono la litosfera, popolarmente la “crosta terrestre”, spessa da 30 a 50 chilometri. Il movimento delle “placche” – qualche centimetro all’anno – è generato da moti convettivi che avvengono nel mantello, uno strato semi-fluido spesso 2900 km che sta intorno al nucleo ferroso della Terra.
Ma qual è il motore che fa salire verso la superficie le correnti convettive del mantello? L’esperimento Borexino, catturando i neutrini caratterizzati da una specifica energia provenienti dal sottosuolo (detti per questo geo-neutrini), ha fornito la risposta. Nel mantello, uranio 238, torio 232 e potassio 40 con il loro decadimento radioattivo funzionano come una stufa che riscalda il pianeta generando i movimenti della crosta e quindi l’attività vulcanica, i terremoti, il sollevamento delle montagne, i fenomeni idrotermali e così via.
Le prime indicazioni in questo senso vennero da Borexino nel 2010. Ora nuovi dati presentati in un convegno sui telescopi a neutrini svoltosi dal 10 al 15 marzo a Venezia lo confermano. Il flusso dei geo-neutrini spiega circa la metà dell’energia interna della Terra. Il rapporto dei contenuti di uranio e torio nel mantello è in accordo con quanto si trova analizzando le meteoriti. Questa è una importante conferma delle teorie sull’origine del Sistema solare. Inoltre gli ultimi dati di Borexino smentiscono con più precisione l’ipotesi che al centro del nostro pianeta agisca una sorta di enorme reattore naturale, il cosiddetto geo-reattore, che sfrutti giacimenti di uranio presenti intorno al nucleo centrale della Terra.