Il film del tè verde

I polifenoli del te verde e del vino si attaccano a tutte le superfici (inclusi i nanotubi e addirittura il teflon, una adesività leggendaria e senza precedenti nella scienza dei materiali), formando un film sottile e incolore dotato di proprietà anti-batteriche e anti-ruggine.

Giovanni Appendino, professore di chimica organica all’Università del Piemonte Orientale, mi segnala un articolo che “Angewandte Chemie” (la più importante rivista di chimica) ha messo in rete il 23 agosto 2013. “L’autore – mi scrive Appendino – grande esperto in biomateriali, ha scoperto, forse casualmente, che i polifenoli del te verde e del vino si attaccano a tutte le superfici (inclusi i nanotubi e addirittura il teflon, una adesività leggendaria e senza precedenti nella scienza dei materiali), formando un film sottile e incolore dotato di proprietà anti-batteriche e anti-ruggine. La tecnologia è di una semplicità disarmante. Si prepara un the verde, si lascia alcune ore il the nella tazza e poi si lava via tutto. Apparentemente la tazza è pulita, ma se ci verso dentro del nitrato d’argento, diventa tutta nera e si evidenzia la presenza di questo film, che è stato poi caratterizzato in termini fisici dagli autori. Gli autori pensano che i polifenoli polimerizzino formando uno strato molto sottile di polimero. Fra i possibili campi di applicazione, gli autori citano in primis tutti i materiali usati in medicina, dai cateteri agli stent, ma si può immaginare una miriade di altre applicazioni.”

te verde

Mi perdoni il professor Appendino se mi sono appropriato della sua spiegazione della scoperta: ho provato a riscriverla, ma non veniva altrettanto bene. A questo punto gli rubo anche il commento, a mio modo di vedere ancora più importante della notizia della scoperta perché indica uno stile rivoluzionario nel fare ricerca. “La cosa sorprendente – mi ha scritto Appendino – è che, anche in campi tradizionalmente considerati ad alta tecnologia e astratti, si possono fare scoperte fondamentali in modo molto semplice. Mi viene in mente il lavoro, sempre pubblicato su Angewandte Chemie, sul precursore mancante nel metabolismo della clorofilla (di sicuro la molecola più importante per la nostra vita, visto che genere l’ossigeno che ci fa respirare) che si è trovato essere presente nella buccia della banana quando uno studente ha casualmente messo sotto la luce UV una banana e ne ha notato la fluorescenza blu stranissima (fra tante cose strane che si fanno in giro sembra che nessun chimico avesse mai messo una banana sotto la luce UV). Non escluderei che il lavoro sia stato ispirato al fatto che qualcuno in laboratorio aveva usato un beker per fare del the verde e poi, dopo averlo lavato, ci hanno messo casualmente del nitrato d’argento. Non hai davvero idea delle stranezze che possono succedere in un laboratorio di chimica. Già la materia è interessante, ma se poi aggiungi la creatività e l’improvvisazione e la follia di chi ci lavora dentro, è irresistibile. Il film a base di polifenoli mi sembra la cosa più bio che ci sia. Mi ricorda i Flinstonn, che hanno tutto, anche l’automobile, ma usano solo oggetti naturali.”

Gli autori dell’articolo: Tadas S. Sileika, Devin G. Barrett, Ran Zhang, King Hang Aaaron Lau e Phillip B.Messersmith.

Mi vengono in mente gli scopritori del graphene, i russi Geim Andre e Kostantin Novoselov, premi Nobel 2010 per la fisica, che ottennero questo incredibile materiale asportando con nastro adesivo sottilissimi strati di grafite ricavata da qualche matita. Altro che gli 8 miliardi di euro del Large Hadron Collider del Cern!  

Fonte: Colorless Multifunctional Coatings Inspired by Polyphenols Found in Tea, Chocolate, and Wine

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