28 Ottobre 2012

Premio Stresa. Davanti a un lago Maggiore grigio sotto nuvole grigie, con montagne infarinate di neve precoce, ritrovo Gianfranco Lazzaro, presidente della giuria del premio che nacque nel 1976 per volontà di Mario Soldati, Piero Chiara e Mario Bonfantini. Sempre lui: imprevedibile, estroso, controcorrente, capelli bianchi su un viso spigoloso e arguto. Ottant’anni, mi dice, è ora di morire. Ero nella giuria del Premio Stresa all’inizio degli Anni 80, quando ne faceva parte anche Primo Levi. Premiammo Virginia Galante Garrone, Marcello Venturi, Davide Lajolo. Vi sono ritornato da un paio di anni, su invito di Lazzaro. Che nel suo discorso introduttivo ha rievocato poeticamente quei tempi felici, con la festa di premiazione a Palazzo Borromeo sull’Isola Bella.

Quest’anno erano in gara Sergio Zavoli, Francesca Melandri, Giorgio Fontana, Amos Mattio e Laura Pariani. Dopo aver selezionato i finalisti, noi della giuria tecnica abbiamo un voto solo, come i 50 lettori della giuria popolare. Ha vinto Francesca Melandri, brava sceneggiatrice della Rai, con “Più alto del mare”, Rizzoli, romanzo che fa i conti con i cosiddetti anni di piombo. Seconda Laura Pariani, esploratrice della montagna abbandonata (“La valle delle donne lupo”, Einaudi). Terzo Sergio Zavoli con “Il ragazzo che ero” (Mondadori). Ma Zavoli ha vinto in due modi: dimostrando di saper perdere e parlando al pubblico di un’Italia migliore, che ha sognato, e sogna ancora, con tanti di noi.

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