Com’è difficile scrivere di una persona amica che è stata preziosa per la tua crescita.
Ho salutato Tullio Regge con un articolo su “La Stampa” e due articoli su La Stampa online. Ne scrievrò per “le Stelle”. Ho provato a dire qualcosa di lui a Radiotre Scienza e ad Ambiente Italia con Beppe Rovera. Qui riporto un vecchio pezzo. Con malinconia e gratitudine.
«La trova comoda?» «Meglio di quella di Fantozzi». Con questo scambio di battute incominciò, quasi trent’anni fa, la mia prima intervista al fisico Tullio Regge. Il riferimento era ad una strana poltrona di plastica che all’epoca Regge teneva in salotto nel suo appartamento sulla collina di Torino. «L’ho disegnata io – spiegò poi -, è ispirata alla ciclide di Dupin, una curva geometricamente piuttosto interessante. Ne avevo fatto un modello in fil di ferro, un’azienda l’ha commercializzata, si chiama Detecma 1.»
Estrarre eleganti forme geometriche o figure più o meno realistiche da equazioni matematiche era ed è rimasto un gioco che lo diverte. Applicate al computer, formule di frattali e di altro tipo hanno permesso a Regge di generare centinaia di disegni, ai quali di solito dà titoli ironici. Uno di questi disegni, tracciato in un periodo in cui polemizzava con il filosofo Gianni Vattimo, ritrae un fiore a quattro petali ed è intitolato «Viola del pensiero debole».
Come spesso capita con le persone geniali, distinguere in Regge gioco e ricerca scientifica è difficile. Negli Anni 70 capitò per qualche giorno in Polonia per un congresso. Con lui c’era un altro fisico illustre, Mario Rasetti. Davanti al loro albergo galleggiava nell’aria un insolito monumento: una specie di mongolfiera con la forma di un enorme pallone da calcio. Regge e Rasetti incominciarono, per scherzo, a esaminarne la simmetria e a individuarne le regole geometriche e matematiche. Il pallone risultò una struttura sferoidale con 60 vertici e 32 facce di cui 12 a forma di pentagono e 20 a forma di esagono. Ne venne fuori una piccola pubblicazione di carattere geometrico-matematico in cui Regge e Rasetti finivano con il domandarsi se una tale forma potesse esistere anche in natura. Passò del tempo. Nel 1985 Harold W. Kroto, dell’Università del Sussex (Gran Bretagna), con un radiotelescopio scoprì una molecola costituita da 60 atomi di carbonio in una nebulosa. Gli atomi erano disposti proprio come nel pallone da calcio ai vertici di 20 esagoni e 12 pentagoni, secondo il modello di Regge e Rasetti. Richard E. Smalley, della Rice Univesity di Houston (Stati Uniti), irradiando la grafite con impulsi di raggi laser, scoprì poi che i suoi vapori si condensavano in una molecola composte da 60 atomi di carbonio. La battezzò «fullerene» ispirandosi al nome dell’architetto americano Buckminster Fuller, ideatore della cupola geodetica, la cui struttura è in tutto simile a quella della molecola. Nel 1996 Harold Kroto ebbe il premio Nobel per la chimica.
Tullio Regge nasce l’undici luglio 1931 a Borgo d’Ale in provincia di Vercelli e si laurea all’Università di Torino nel 1952, alla scuola di Wataghin e Verde. Poco dopo si trasferisce negli Stati Uniti all’Università di Rochester, New York, dove consegue il dottorato specializzandosi nella fisica delle particelle elementari. Negli Stati Uniti incontra John Wheeler, uno dei maggiori fisici teorici del Novecento, e incomincia a interessarsi alla teoria della relatività generale di Einstein: con Wheeler pubblica un lavoro sui buchi neri che troverà una serie di interessanti applicazioni in astrofisica. Relatività e meccanica quantistica diventano i suoi principali campi di interesse, che perfeziona al Max Planck Institut di Monaco, allora diretto da Wherner Heisenberg. Qui con Symanzyk inizia studi che lo porteranno a sviluppare l’idea di particelle fittizie, oggi note come «poli di Regge», una intuizione che avrà poi molte applicazioni nella fisica delle alte energie.
Nel 1961 viene nominato professore ordinario di relatività all’Università di Torino, ma parallelamente insegna alla Princeton University e poi diventa anche membro permanente dell’Institute for Advanced Study di Princeton, quello dove aveva lavorato Einstein fino alla fine dei suoi giorni. In quegli anni Regge opera uno dei primi pionieristici tentativi di dare una interpretazione quantistica della gravità: per realizzare questo obiettivo, sviluppa quello che è ora noto come il «Regge Calculus». A coronamento di queste e altre ricerche, nel 1979 riceve la Medaglia Einstein, uno dei più importanti riconoscimenti che possano andare a un fisico teorico. In quell’anno decide anche di lasciare l’Istituto di Princeton e di tornare stabilmente in Italia, alla facoltà di Fisica, dove aveva conservato la cattedra. Eletto parlamentare europeo nel 1989, al termine del mandato passa al Politecnico di Torino, dove ricopre l’insegnamento di teoria quantistica della materia. Nel 2004, lasciato l’insegnamento per limiti di età è diventato professore emerito. Le sue pubblicazioni non sono numerosissime, ma quasi tutte, con la loro originalità, fissano pietre miliari lungo il cammino della ricerca in fisica teorica.
L’arida enumerazione dei principali lavori scientifici di Regge, pur costituendo un curriculum formidabile, non dice quasi nulla sulla ricchezza e poliedricità del personaggio. Un aspetto importante è, per esempio, il suo atteggiamento verso la divulgazione. Quando Regge nel 1979 ritornò in Italia, nella maggior parte dei casi i professori universitari disprezzavano la divulgazione scientifica, e comunque non la praticavano. Regge incominciò a scrivere sulla «Gazzetta del Popolo» e più tardi su «La Stampa». Le sue conferenze riempivano il Palazzetto dello Sport di Torino. In televisione, su Raitre, partecipò a programmi di astronomia, fisica delle particelle, biologia in decine di puntate: il regista era Bruno Gambarotta. Vennero poi molti libri dedicati alla divulgazione della fisica, dell’astronomia e del problema energetico. Un dialogo con Primo Levi registrato nel 1984 viene tuttora ristampato e trova sempre nuovi lettori: l’interazione tra il fisico e il chimico-scrittore fa scintille. E’ quasi superfluo dire che a un certo punto Regge ha sentito a sua volta il bisogno di scrivere racconti di fantascienza, e l’ha fatto in modo molto originale e ironico, come provano le pagine di «Non abbiate paura».
Della passione artistica si è già accennato. Lui la chiama «bricolarte» perché vi mescola, da bricoleur, tre ingredienti eterogenei: astrazioni matematiche, trattamenti grafici computerizzati e senso dell’umorismo. Quanto all’impegno sociale, Regge, costretto su una carrozzina da una malattia del sistema motorio, è da decenni testimonial dell’Associazione italiana per la ricerca e la prevenzione degli handicap, mentre come organizzatore scientifico ha fondato l’Isi, Istituto per l’interscambio scientifico. Intanto la collezione di premi si è arricchita con la Medaglia Cecil Powell della Società Europea di Fisica e la Medaglia Dirac. Ma se gli domandate qual è il suo impegno più recente, vi risponderà che riguarda una campagna contro i festeggiamenti di Capodanno.