30 Ottobre 2012

Che umorismo e creatività abbiano meccanismi mentali simili è una mia vecchia convinzione, suffragata da alcune (poche) ricerche. Da almeno dieci anni provo a proporre uno studio in risonanza magnetica funzionale per vedere che cosa succede nel cervello quando afferriamo una battuta umoristica e quando troviamo creativamente la soluzione di un problema. Si accendono le stesse zone cerebrali? Ed eventualmente, quali sono le differenze? Mi capitò di parlarne nella primavera scorsa facendo lezione a un gruppetto di dottorandi dell’Università di Torino. Carmen Settanta, che faceva parte del gruppetto e lavora alla Clinica Universitaria delle Molinette con i professori Secondo Fassino (ordinario di psichiatria e direttore del Centro pilota regionale per i disturbi del comportamento alimentare) e Paolo Mortara, (responsabile dell’Unità di neuroimaging funzionale utilizzata dal Centro), si è interessata all’idea.

E’ successo che Carmen ha parlato della faccenda all’équipe di cui fa parte al Centro per i disturbi alimentari. Paolo Mortara e Secondo Fassino l’hanno presa sul serio, e ora stiamo lavorando a un protocollo per realizzare l’esperimento. La riunione che abbiamo avuto mercoledì 24 ottobre in via Cherasco 15 presso il Centro è stata un vero e proprio seminario, aperto da una rassegna della letteratura già esistente sul tema e concluso da un brain storming sul progetto dell’esperimento. Molti i temi discussi, molte le scelte da fare per mirare la ricerca. Provo a farne un sintetico inventario:

  • Studiare solo la creatività scientifica o anche quella artistica?
  • E’ necessario studiarle entrambe per poter fare una analisi comparata?
  • Come tener conto del diverso retroterra culturale dei due tipi di creatività (quella scientifica richiede un forte retroterra di nozioni, quella artistica può esprimersi anche a livello naif)
  • Proporre umorismo verbale o umorismo visuale?
  • Proporre la soluzione di un problema verbale (tipo anagramma), di un problema visuale (puzzle), matematico o di altro tipo?
  • Scegliere un campione metà maschile e metà femminile o misto in modo casuale?
  • Selezionare il gruppo sulla base di una preliminare disposizione alla creatività?
  • Selezionare una fascia di età relativamente giovanile?
  • In questo caso, quale limite di età stabilire?
  • Selezionare il gruppo sulla base di una preliminare disposizione al senso dello humour?
  • Prendere in considerazione l’umorismo passivo (capire una battuta) o l’umorismo attivo (capacità di fare la battuta)?
  • Umorismo e creatività presuppongono nel soggetto che li pratica un basso livello di inibizione: come indurre i soggetti dell’esperimento ad abbassarlo?
  • L’umore del soggetto sperimentale – ha fatto notare Secondo Fassino – è molto importante: la creatività spesso si accompagna a una lieve depressione (mentre la depressione grave esclude ogni forma di creatività). Anche degli umoristi spesso si dice che, personalmente, sono “tristi”. Converrà in via preliminare sottoporre i soggetti dell’esperimento un test dell’umore?
  • C’è molta letteratura sulla creatività delle persone con mancinismo. Tenerne conto?
  • Quali sono le implicazioni etiche dell’esperimento, anche in relazione allo scopo primario del

Centro per i disturbi alimentari?

Potrei andare avanti, ma questi sono gli spunti principali. Ci siamo aggiornati a un prossimo incontro. Le persone del campione da studiare dovrebbero essere 20. Ho proposto di sceglierle tra i giovani ricercatori che concorreranno all’edizione 2013 del Premio GiovedìScienza, vinto quest’anno da Nicola Pugno del Politecnico di Torino. Vedremo se sarà possibile. Sarebbe un esperimento nell’esperimento.

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